Lo Stilnovo

di Erik Lazzari

Lo Stilnovo

Il dolce stil novo

Dopo la poesia religiosa, in Italia si affermò una nuova forma di poesia: la lirica d’amore. Essa sorse dall’imitazione della poesia provenzale e si diffuse nella penisola, dalla Sicilia lungo l’appennino per giungere a Bologna e in Toscana.

In quest’area geografica, nel corso del Duecento, nacquero tre diverse scuole poetiche:

  • La Scuola siciliana
  • I poeti siculo – toscani
  • Lo Stilnovo

La maggiore scuola, fiorita nel Duecento, fu lo Stilnovo, il cui caposcuola fu il bolognese Guido Guinizzelli (1235 – 1276). La poesia nacque pertanto a Bologna.

In seguito raggiunse Firenze, città originaria di molti poeti fiorentini: da Dante Alighieri a Guido Cavalcanti, da Lapo Gianni a Gianni Alfani e Dino Frescobaldi.

Il “dolce stil novo”, così definito da Dante nel XXIV canto del purgatorio, sottolineava la differenza tra il gruppo di rimatori cortesi e gli stilnovisti. 

Bonagiunta Orbicciani, poeta siculo – toscano, riconobbe che i poeti fiorentini furuno interpreti più sinceri di ciò che l’Amore (Amore con la A maiuscola) “ditta dentro” nel cuore del poeta.

Pertanto ebbe inizio il dolce stil novo.

Dante, per definire la nuova poetica, utilizzò due aggettivi:

  • Nuova: poiché, rispetto alla poesia siciliana e ai poeti siculo – toscani, gli stilnovisti non ripeterono modi e temi di altri, bensì cercarono un contatto più personale e più sincero con l’amore e con la propria vita interiore.
  • Dolce: la poesia ebbe e tutt’ora ha una forma armoniosa, melodica e musicale.

La grande novità dello Stilnovo fu la celebrazione della donna – angelo, già i poeti precedenti celebrarono la donna come essere superiore per bellezza e moralità.

Guido Guinizzelli fece un ulteriore passo, la donna non fu più celebrata come angelo ma venne proprio considerata un angelo, senza caratteristiche fisiche né nomi reali, solamente un essere misterioso, sconosciuto, che apparve proprio come un angelo.

Ella operò come mediatrice tra l’uomo e Dio e allo stesso tempo, attraverso lo strumento d’amore, la donna amata predispose l’uomo innamorato a perfezionarsi moralmente: “colui che ama si purifica intimamente, avvicinandosi a Dio”.

Il concetto di amore cambiò: non si parlò più d’amore carnale, ma di amore platonico. (“…Una forma di amore priva dalla dimensione sessuale, è un amore ideale”).

Quest’amore fu rivolto solamente a coloro che possedevano un animo nobile e un “cuore gentile”. (L’uomo doveva dunque possedere una gentilezza d’animo e di mente)

Attenzione! Dire che la nobiltà d’animo non era una qualità ereditaria, bensì una predisposizione naturale dell’animo, costituì una contrapposizione alla corrente letteraria dell’amor cortese. A differenza di quest’ultima, nello Stilnovo si introdussero riferimenti filosofici, morali o religiosi.

L’opera più celebre di Guido Guinizzelli fu la canzone “Al cor gentil rempaira sempre amore”. A questa poetica stilnovista aderì Dante Alighieri, con la sua opera Vita Nuova.

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