Giorno del Ricordo

di Erik Lazzari

Giorno del Ricordo

A partire dal 2005, con la legge 30 marzo 2004 n. 92, il Parlamento Italiano ha istituito il 10 febbraio come il “Giorno del Ricordo”, in memoria delle vittime dei massacri delle foibe e degli esuli istriano-dalmati.

Perché il Giorno del Ricordo si celebra il 10 febbraio?

Il 10 febbraio ricorda il 10 febbraio del 1947, quando, a Parigi, venne firmato il Trattato di pace tra l’Italia e le nazioni vincitrici della Seconda Guerra Mondiale: Cina, Francia, Regno Unito, Stati Uniti e Russia. Il trattato di pace assegnava l’Istria e gran parte della Venezia Giulia alla Jugoslavia.  

Che cosa sono le foibe?

Le foibe sono delle grandi cavità verticali, profonde centinaia di metri, tipiche dell’altopiano del Carso (Friuli Venezia Giulia), collocate tra il Friuli Venezia Giulia e le odierne Slovenia e Croazia.

Che cosa accadde tra il 1943 e il 1947?

Durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale, a partire dal crollo del regime fascista nel luglio 1943, nelle foibe furono compiuti dei massacri contro la popolazione italiana ad opera dei parigiani (sostenitori) iugoslavi e dei comunisti triestini, allora sotto la guida del maresciallo Tito (ex presidente della Jugoslavia), rivoluzionario filo-sovietico. In seguito all’armistizio di Cassibile (8 settembre 1943), con il quale l’Italia proclamò la resa incondizionata agli alleati, in Istria e in Dalmazia il governo italiano cessò di esistere; la penisola istriana finì sotto il controllo del Movimento di Liberazione Jugoslavo guidato da Tito. Iniziò, dunque, una serie di violenze contro la popolazione italiana residente in quei territori: i partigiani iugoslavi si vendicarono contro i fascisti e rivendicarono i crimini commessi dalle truppe italo-tedesche negli anni della guerra (deportazione degli iugoslavi nei lager, incendi di villaggi, fucilazione, rappresaglie).
Con l’appoggio di alcuni gruppi comunisti locali, i partigiani sterminarono una massa di persone accusate di complicità con il fascismo. La polizia segreta iugoslava invadeva e devastava le case “sospette”, violentava, confiscava i beni e arrestava i proprietari.
Nel 1945, terminata la guerra, Tito prese il potere in Jugoslavia, dove vi instaurò una dittatura sino al 1980. L’esercito iugoslavo, il 1° maggio dello stesso anno, entrò e occupò la città di Trieste, con l’intento di riprendersi i territori sottratti a seguito della sconfitta dell’impero austro-ungarico alla fine della Prima Guerra Mondiale.
Furono circa 300000 gli italiani che, residenti in Istria, in Dalmazia e nella città di Fiume, dovettero obbligatoriamente rientrare in Italia. Coloro che non espatriavano nei tempi stabiliti, venivano sterminati dall’esercito di Tito e gettati nelle foibe o deportati nei campi di concentramento in Croazia e Slovenia. Nel biennio 1943 – 1945, le foibe si riempivano di italiani; si contarono tra le 5000 e 10000 morti tra fascisti, donne, bambini e persone anziane.
Il massacro iniziò a cessare solamente dal 10 febbraio 1947, quando la Jugoslavia, con il Trattato di pace di Parigi, riottenne le province di Fiume, Zara, Pola e altri territori.
L’Italia riprese il controllo amministrativo di Trieste solamente il 26 ottobre 1954.  

Come si moriva nelle foibe?

I condannati venivano legati con un filo di ferro l’un con l’altro, poi gli iugoslavi, con un colpo di fucile, sparavano ai primi tre della catena. Questi cadevano nella foiba, trascinando i loro compagni che morivano atrocemente.

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