“Spesso il male di vivere ho incontrato” di Eugenio Montale

di Erik Lazzari

"Spesso il male di vivere ho incontrato" di Eugenio Montale “Spesso il male di vivere ho incontrato” di Eugenio Montale

Testo

Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

Parafrasi discorsiva

Spesso, nella mia vita, ho avuto occasione di incontrare il “male di vivere” (il dolore dell’esistenza): si è manifestato in un ruscello il cui “gorgoglio” ne impediva il libero flusso, nell’accartocciarsi di una foglia inaridita (prosciugata nella ninfa, a causa del sole rovente) e in un cavallo stramazzato (caduto a terra per la fatica).
Non ho conosciuto (non seppi) alcun bene, ad eccezione (fuori) di quello concesso dall’estraneità, dal distacco dai problemi e dalle passioni altrui (si tratta di un privilegio di cui giovano solo gli dèi). La divina differenza si protrae nella statua nell’ora sonnolente del mezzogiorno (meriggio), nella nuvola e nel falco che vola verso l’alto.

Collocazione dell’opera

Il componimento “Spesso il male di vivere ho incontrato” è stato scritto nel 1924 da Eugenio Montale e appartiene alla raccolta poetica “Ossi di seppia” (pubblicata nella sua ultima versione nel 1928).

Analisi

Lo schema metrico della poesia è composto da due quartine di versi endecasillabi, ad eccezione dell’ultimo che è un doppio settenario; quest’ultimo, però, rima con il primo verso della I quartina ed è un ipermetro (è un verso che, rispetto allo schema teorico, è formato apparentemente da una sillaba aggiuntiva nella parte finale).
Le rime seguono lo schema ABBA – CDDA.
I temi principali sono l’universalità del dolore, il connaturato alla vita stessa e l’indifferenza come antidoto al “male di vivere”.
Nella prima quartina emerge la tematica del male, espressa attraverso tre immagini emblematiche: il ruscello che non scorre liberamente, la foglia rinsecchita a causa del sole troppo forte e il cavallo accasciato a terra poiché stremato dalla fatica.
Nella seconda quartina il poeta contrappone altrettante visioni in cui si incarna l’unica forma di bene possibile, che consiste nel distacco del dolore e in una sospensione momentanea del travaglio dell’esistenza. Tali visioni emergono nella statua sita nel silenzio del mezzogiorno, nella nuvola e nel falco che volteggia in cielo.
Montale afferma altresì che il bene coincide con la divina “Indifferenza”, termine che scrive con l’iniziale maiuscola per sottolineare che è l’unico rimedio contro il “male di vivere”.

Commento

Eugenio Montale esprime la sua visione negativa dell’esistenza attraverso immagini concrete e oggettive.
Il componimento, come tutta la raccolta poetica “Ossi di seppia”, è caratterizzato da un senso di profonda disarmonia rispetto alla natura, che riflette l’aridità interiore dell’uomo moderno e la sofferenza che pervade ogni creatura. Non manca, però, il recupero di forme colte e preziose (tratte dalla poetica dannunziana) nonché la ripresa delle forme tradizionali della letteratura italiana, che denunciano lo sconvolgimento metrico delle Avanguardie storiche (movimento culturale del XX secolo che deriva da tendenze politico-culturali dell’Ottocento).
Le varie immagini-simbolo che rappresentano il male e il bene sembrano rispecchiare lo stato d’animo del poeta, il quale trova rimedio al “male di vivere” solo nella divina indifferenza in quanto lo porta al di fuori dall’esistente. 
Nel testo è possibile osservare la concezione pessimistica di Montale, che si avvicina al “pessimismo cosmico” di Giacomo Leopardi.

Figure retoriche

  • enjambement: (vv. 3-4 / 5-6 / 7-8);
  • onomatopea: v.2 – gorgoglia; v.3 – incartocciarsi; v.4 – stramazzato;
  • climax ascendente: rivo (v.2) /foglia (v.3) /cavallo (v.4) (in quanto rappresenta prima il mondo minerale poi quello vegetale e infine il mondo animale) –
    statua (v.7) /nuvola (v.8) /falco (v.8) (rappresenta i vari stadi di innalzamento delle immagini: la nuvola più alta della statua e il falco più elevato della nuvola stessa);
  • anafora: (vv.2, 3, 4) – ripetizione del verbo “era”;
  • antitesi (vv.4, 8) – stramazzato/levato (“Stramazzato” indica un movimento dall’alto verso il basso mentre “levato” designa un momento dal basso verso l’alto);
  • anastrofe: (v.5) – “Bene non seppi”;
  • personificazione6 – “Indifferenza”.

Le figure retoriche  – La biografia di Eugenio Montale  – Foto di Scatti Diego Murgioni

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