Chiesa e impero tra il XII e XIII secolo

di Erik Lazzari

L’imperatore Federico Barbarossa, il papato di Innocenzo III, le eresie e gli ordini mendicanti, la politica di Federico II di Svevia, Federico II re di Sicilia. 

 Federico Barbarossa (imperatore del Sacro Romano Impero): lo scontro tra Comuni e impero.Federico Barbarossa

Nel 1125, con la morte dell’imperatore Enrico V di Franconia, la Germania attraversò un periodo di crisi a causa della durissima lotta per la successione al trono imperiale. Ci furono due schieramenti: i Guelfi (sostenitori dei duchi di Baviera) e i Ghibellini (sostenitori della casa di Svevia).

L’ascesa al trono di Germania

La pace si ebbe il 4 marzo 1152 quando salì al trono Federico I di Svevia Hohenstaufen, detto il Barbarossa, che era figlio di un Ghibellino e di una Guelfa.

Federico Barbarossa riuscì a colmare i contrasti: attribuì a suo cugino Enrico il Leone la signoria su due vaste regioni, la Sassonia e la Baviera.

Annientò (mandò via) gli antichi ducati a base etnica e diede vita ai ducati a base territoriale. 

L’imperatore continuò la tradizionale politica di ampliamento dei domini familiari (fino ad allora limitati alla sola Svevia), con una novità: amministrò i domini familiari   con l’aiuto di funzionari di umili origini (ministeriales) e non più tramite infidi signori feudali.

Instaurò un diretto ed effettivo dominio sulle città dell’Italia settentrionale, capaci di fornire grandi mezzi finanziari e militari.

Federico Barbarossa: le spedizioni in Italia

In Italia, però, vi furono forze di opposizione molto difficili da abbattere. Infatti, nel 1154, Federico scese ripetutamente in Italia, si fece incoronare re d’Italia a Pavia, poi convocò a Roncaglia, presso Piacenza, una dieta (assemblea) con i rappresentanti dei Comuni italiani: egli dichiarò nulle le regalìe (diritti di imporre tasse, battere moneta, stipulare trattati ecc.) di cui i Comuni si erano appropriati. Tentò di riaffermare i suoi poteri, ma ci fu una resistenza da parte dei Comuni maggiori. Federico Barbarossa, non avendo un esercito adeguato, non poté imporsi.

Egli fu chiamato a Roma da papa Adriano IV, il quale assegnò all’imperatore l’incoronazione imperiale in san Pietro il 18 giugno 1155. Però, l’esplosione di una rivolta in Germania costrinse il Barbarossa ad abbandonare rapidamente la penisola.

La prima discesa in Italia risultò pertanto un fallimento: gli unici risultati positivi furono l’incoronazione a re d’Italia e a imperatore che, per quanto importanti, avevano un carattere formale. 

I rapporti con il papato si guastarono nuovamente: Adriano IV si riavvicinò ai Normanni riconoscendo i loro diritti nell’Italia meridionale (accordo di Benevento, 1156). Inoltre, alla morte di Adriano IV, i cardinali elessero Alessandro III (1159-1181), ma Federico non riconoscendo la legittimità del nuovo pontefice gli contrappose l’antipapa Vittore IV.

La Lega Lombarda e l’alleanza con il papa

Nel 1158 Federico Barbarossa scese nuovamente in Italia, con un forte esercito. Convocò una seconda dieta, sempre a Roncaglia. Durante quest’assemblea, si riappropriò delle regalìe (gli vennero riconosciuti tutti quei diritti che i Comuni italiani avevano usurpato e che dovevano restituire). La restituzione delle regalìe fu ordinata con la Constitutio de regalibus (Costituzione delle regalìe), mentre la Costituzione per la pace vietò ogni guerra privata e ogni altra forma di organizzazione politica.

Alcune città, tra cui Crema e Milano, si ribellarono, ma Federico le rase al suolo (Crema nel 1160 e Milano nel 1162).

Ventidue città dell’Italia settentrionale, con l’aiuto e l’adesione di papa Alessandro III, diedero vita a un’alleanza: La Lega Lombarda, che nel 1167 a Pontida giurò di combattere contro l’imperatore.

Milano venne ricostruita e, in una zona strategica della Pianura Padana, venne fondata una nuova citta: Alessandria, in onore del papa.

Il coinvolgimento del papa nella lotta dei Comuni, portò anche in Italia la contrapposizione tra guelfi e ghibellini che, nella nostra penisola, assunsero un significato differente: i guelfi erano coloro che sostenevano il papa, mentre i ghibellini coloro che sostenevano l’imperatore. 

Battaglia di Legnano e la morte di Federico Barbarossa

La battaglia di Legnano e la morte di Federico Barbarossa

Lo scontro decisivo tra Federico Barbarossa e la Lega Lombarda avvenne il 29 maggio 1176 a Legnano. Dopo molti anni di trattative, Federico riconobbe come papa Alessandro III e nel 1183 firmò un accordo, la pace di Costanza (1183), che sancì l’autonomia di governo dei Comuni, i quali dovevano però riconoscere la loro appartenenza all’impero.

Nel 1186, Federico, fece sposare il figlio Enrico VI con Costanza d’Altavilla, l’erede del forte e ricco regno normanno di Sicilia: unico risultato positivo della sua politica in Italia, poiché preannunciava una dinastia sveva nell’Italia meridionale.

Federico morì il 10 giugno 1190 in Asia Minore, durante la terza crociata (proclamata poiché Gerusalemme cadde nelle mani di Saladino)

Il papato di Innocenzo III

Innocenzo III

Enrico VI si trovò dunque ad avere nelle sue mani sia il trono di Germania che quello di Sicilia. Pertanto, per la casa di Svevia si concretizzò la possibilità di realizzare un grande sogno politico: la creazione di un vasto impero mediterraneo. Enrico VI volle riconquistare i territori bizantini, ma la sua prematura morte (1197) segnò la fine di queste ambizioni e aprì una grave crisi dell’impero.

Enrico VI lasciò il figlio di tre anni, il futuro Federico II. I guelfi e i ghibellini, approfittando di questa situazione, tornarono a scontrarsi per la successione imperiale.

I ghibellini elessero come imperatore il fratello di Enrico VI, Filippo di Svevia, a cui i guelfi contrapposero Ottone di Brunswick della casata di Baviera.

In Italia, contemporaneamente, i Comuni cacciarono i governatori tedeschi e riaffermarono la loro autonomia. In questa situazione di debolezza, nel 1198 Innocenzo III divenne pontefice.

Il programma politico e religioso di Innocenzo III si ispirò al pontificato di Gregorio VII, il papa che aveva umiliato Enrico IV a Canossa, affermando la superiorità del potere della Chiesa cattolica su quello imperiale (in una lettera del 1198 chiarì con una celebre metafora il suo pensiero: il potere temporale deriva da quello spirituale, così come la luna riceve la luce dal sole). Inizialmente, questa politica teocratica ebbe successo.

Il papa, altresì, divenne tutore del piccolo Federico II di Svevia (figlio di Enrico VI e Costanza d’Altavilla), affidato dalla madre al momento della sua morte (1198).

L’obiettivo principale del papa fu quello di evitare l’accerchiamento della Santa Sede, che sarebbe derivato dall’unione della corona imperiale con quella siciliana.

Il pontefice pertanto cercò di impedire che la corona imperiale andasse a Federico II, già erede del Regno di Sicilia, e per questo appoggiò la candidatura di Ottone di Brunswick (in opposizione con Filippo di Svevia), nel 1201.

Nel 1210, però, i rapporti tra imperatore e papa si guastarono poiché Ottone non mantenne fede ai patti stipulati, invase i territori pontefici e cercò di conquistare l’Italia meridionale.

Il pontefice scomunicò immediatamente l’imperatore e riconobbe la candidatura al trono imperiale del giovane Federico II di Svevia che si impegnò a non unificare la corona imperiale con il Regno di Sicilia.

Tuttavia, si scatenò una guerra tra l’imperatore scomunicato (Ottone) e quello designato (Federico di Svevia). Ottone si alleò con il re d’Inghilterra, Giovanni Senzaterra, mentre Federico con il sovrano francese, Filippo II Augusto.

La battaglia decisiva si svolse a Bouvines nel 1214, Ottone venne sconfitto e si ritirò nei suoi feudi dove vi morì qualche anno dopo.

La politica teocratica di Innocenzo III colse un grande successo, non solo il pontefice scelse l’imperatore, anche il re d’Inghilterra e quello di Aragona si dichiararono i suoi vassalli. La cristianità fu sottoposta all’autorità di Roma.

Le eresie

Sin dal XI secolo, sorsero, in tutta Europa, ma soprattutto in Francia e Italia centro-settentrionale, alcuni movimenti religiosi popolari che contestavano gli interessi temporali e materiali del clero. Lo scopo era quello di respingere i dogmi (Il termine utilizzato per indicare un principio fondamentale di una religione), la meditazione dei sacerdoti e i sacramenti.

La Chiesa cattolica chiamò questi movimenti eresie (dal greco háiresis).

Infatti, tra il XII e XIII secolo sorsero numerosi movimenti eretici, costituti da fedeli che aspiravano a una vita spirituale fondata sul Vangelo. Costoro, nacquero per contestare la dottrina della Chiesa e per rimproverare il clero di essere corrotto e coinvolto in questioni temporali.

Fu molto seguito il movimento dei valdesi (o poveri di Lione) fondato a Lione da Pietro Valdo nel 1173.

Pietro Valdo, ricco mercante, nel 1173, abbandonò la sua attività mercantile, diede ai poveri della città tutte le sue ricchezze e iniziò a predicare il Vangelo come modello di vera vita cristiana. Molto presto ebbe un gran numero di seguaci, si trattava di predicatori laici itineranti.

L’arcivescovo di Lione proibì la loro predicazione e li scacciò dalla città. I valdesi decisero di procedere lo stesso, anche se contro la volontà degli ecclesiastici; pertanto, nel 1184, vennero condannati dalla Chiesa.

Essi non riconobbero più la gerarchia ecclesiastica, affermarono che ognuno aveva il diritto di predicare la parola di Dio e amministrare i sacramenti. A questo punto, i valdesi si organizzarono in una comunità separata, costituita da una confraternita. Vennero fondate delle apposite scuole per i predicatori, dove veniva studiato a memoria il Vangelo e altre parti della Bibbia, fatta tradurre nella lingua del popolo da Pietro Valdo. (Il movimento valdese esiste ancora oggi.)

Vi furono anche altri movimenti eretici quali: catari (dal greco, puro) e albigesi (dalla città francese di Alby), temuti dalla Chiesa di Roma.

I catari credevano che il mondo terreno fosse stato creato dal Male, pertanto da purificare. Gesù non era considerato figlio di Dio, bensì un angelo inviato per salvare gli uomini. La purificazione massima fu quella di suicidarsi attraverso il digiuno.
La Chiesa di Roma fu condannata come strumento del demonio.

 La lotta contro le eresie e il IV Lateranense

Secondo papa Innocenzo III, la lotta per la difesa e la diffusione della fede cattolica doveva essere l’impegno centrale della chiesa. Pertanto, il pontefice assunse provvedimenti contro le eresie e promosse la quarta crociata, che ebbe luogo tra il 1208 e il 1229. All’appello del papa risposero numerosi feudatari laici ed ecclesiastici del Nord della Francia, attratti dalla possibilità di impadronirsi delle terre strappate agli eretici. I crociati, guidati da Simone di Monfort, si imperversarono nella Linguadoca (regione storica sulla costa meridionale della Francia) massacrando la popolazione, tra cui cattolici, e saccheggiando ricchezze.  L’eresia, a questo punto, venne estirpata. La scomparsa degli albigesi segnò la fine della lingua e della cultura occitanica.

Anche i valdesi subirono violenti persecuzioni, ma si salvarono nelle vallate del Piemonte e del Delfinato.  Nel Cinquecento, i valdesi aderirono al protestantesimo calvinista.

La Chiesa, nel 1215, convocò, contro gli eretici e gli infedeli, il IV concilio Lateranense che sancì come un dovere per ogni cristiano l’impegno per sconfiggere l’eresia. Coloro che si fossero rifiutati di sradicare l’eresia dalle proprie terre sarebbero stati scomunicati; i fedeli erano tenuti a denunciare i sospetti di eresia.

Innocenzo III fece istituire, per controllare tali movimenti, delle commissioni di laici e religiosi, con il compito di punire gli eretici.

Al concilio parteciparono 404 vescovi, 800 abati e numerosi rappresentanti dei principali Stati europei e delle città italiane.  Vennero approvati 70 decreti riguardanti i principali problemi della vita della Chiesa. (Tra cui il capitolo 21 che impone a ogni cristiano di confessarsi almeno una volta l’anno e di comunicarsi almeno a Pasqua).

Pochi anni dopo, il nuovo pontefice Gregorio IX, istituì il Tribunale dell’Inquisizione, affidato a inquisitori di nomina pontificia, delegati dalla Sede Apostolica.

Gli ordini mendicanti

Il concilio non rinnovò la Chiesa come sperava il pontefice. Per questo motivo papa Innocenzo III approvò gli ordini mendicanti, ordini religiosi costituiti da predicatori che facevano della povertà e della carità il loro ideale di vita.

Gli ordini mendicanti furono importanti per rinnovare la Chiesa cattolica e per estirpare l’eresia.

Gli ordini mendicanti agirono soprattutto nelle città, in quanto vi era maggiore pericolo di eresia e poiché la città offriva molti spazi per incontrare grandi masse di fedeli.

I principali ordini mendicanti furono: i domenicani (ordine fondato dallo spagnolo Domenico de Guzmán) e i Francescani (ordine fondato da Francesco d’Assisi)

La politica di Federico II di Svevia

Federico II di Svevia venne nominato imperatore nel 1214 da papa Innocenzo III.

Federico II di Svevia

Federico, per ottenere l’appoggio del pontefice, gli promise che non avrebbe mai unificato il Regno di Sicilia con la corona imperiale. Promise, inoltre, di intraprendere una nuova crociata per liberare la Terrasanta.

In realtà, la sua idea era quella di riprendere i progetti della propria famiglia, cioè di fare dell’impero la suprema autorità universale (abolendo i diritti usurpati dalla feudalità). Infatti, così accadde non appena morì papa Innocenzo III.

Il nuovo pontefice Onorio III, più malleabile di Innocenzo III, accettò l’unificazione del Regno di Sicilia con quello imperiale e incoronò Federico II imperatore nel 1220.

Pretese però che Federico si dedicasse immediatamente alla nuova crociata, ma egli rimandò continuamente la partenza per la Terrasanta e, pertanto, il nuovo papa Gregorio IX nel 1227 scomunicò l’imperatore.

Nel 1229, Federico, decise di parere per la Terrasanta, ma anziché combattere contro gli infedeli, nel 1229 raggiunse un accordo con il sultano d’Egitto garantendogli una pace decennale; il sultano, in cambio, si impegnò a non ostacolare i pellegrinaggi e a restituire Gerusalemme ai cristiani.

Fu un risultato notevole, non ci fu una guerra, bensì diplomazia.  Il papa, però, intraprese questo atteggiamento come un tradimento (imperatore cristiano che comunicava con i musulmani) e scomunicò nuovamente Federico. Pertanto, l’imperatore rientrò in Italia e sconfisse l’impero pontificio e con la Pace di san Germano ottenne la revoca della scomunica (1230).

Federico II re di Sicilia

A differenza dei suoi predecessori, però, non si dedicò molto della Germania, tanto che fece grandi concessioni ai feudatari.

Lo scopo di Federico II, infatti, fu quello di costruire uno Stato forte e centralizzato che sottomettesse i poteri feudali alla sua autorità. Promulgò le Costituzioni malfitane, firmate nel 1231, che vietavano ogni forma di potere autonomo e riconoscevano solamente al sovrano, o ai funzionari da lui nominati, i compiti di governare. Fu l’opera legislativa più grande e completa emanata in età medievale.

Federico stabilì la capitale del suo Stato a Palermo e fondò l’università di Napoli (1224).

Dopo la sottomissione della Sicilia, Federico tentò di imporre la sua autorità sui comuni, dando vita a un vero regno di Italia.

Tuttavia, però, con la sua politica innovativa, si attirò delle ostilità:

i nobili non vollero accettare l’autorità di un sovrano che togliesse loro dei privilegi e poteri;

il papato non accettò un impero così potente e continuò a temere l’accerchiamento dell’unione della Corona imperiale con il Regno di Sicilia;

i Comuni vollero mantenere l’autonomia conquistata con le armi qualche tempo prima. 

Inoltre, la pressione fiscale sollevò proteste in tutti gli starti sociali e infine la sua tolleranza verso Arabi ed Ebrei non venne apprezzata.

Si ebbe uno scontro aperto dal figlio di Federico II, Enrico VII, cui l’imperatore affidò la Germania.

Enrico, con l’appoggio dei Comuni italiani, si ribellò, nel 1234, al padre, accusandolo di aver abbandonato l’impero e la Germania ai baroni per privilegiare il Regno di Sicilia. Il padre, Federico II, sconfisse il figlio imprigionandolo in un castello pugliese (1235), qui Enrico si suicidò qualche anno dopo. 

Vi fu inoltre uno scontro con i Comuni e il papa, che giunse nuovamente a scomunicare l’imperatore. In un primo momento ottenne una vittoria a Cortenuova (1237), ma venne ripetutamente sconfitto.

La sua morte improvvisa (1250) pose fine bruscamente termine al conflitto e ai sogni di un impero universale.

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La biografia di Dante Alighieri

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